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Motivazione

Run to the Source - Intervista a Martin Johnson

Nel maggio 2021, il trail runner Martin ‘MJ’ Johnson ha affrontato la sua sfida più grande percorrendo l'intera lunghezza del fiume Tamigi, da Woolwich a Londra fino alla sua sorgente a Kemble, Gloucestershire. Supportato da Patagonia e Centurion Running (sito in inglese), ha stabilito un nuovo tempo migliore per il London Thames Path da 296 km terminando in un tempo di 38 minuti e 35 secondi battendo il record esistente di oltre 2 ore.

In quanto membro fondatore dei Black Trail Runners (BTR) (sito in inglese), MJ ha deciso di correre questo percorso per ispirare le persone afrodiscendenti nel Regno Unito che spesso si sentono escluse dagli spazi all’aperto.

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Ben Mounsey, ambasciatore di Sportsshoes per il trail, lo ha incontrato per parlare di questo incredibile traguardo.

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Ciao MJ, grazie per aver dedicato del tempo a questa intervista e congratulazioni per il tuo eccezionale risultato. Potresti raccontarci qualcosa in più su di te?

Sono nato e cresciuto nel quartiere Sud Est di Londra e sono padre di due figli. Sono di etnia mista, nato da madre bianca inglese e da padre nero giamaicano che arrivò nel Regno Unito nel 1969, quando aveva 16 anni.

Essendo stato un runner occasionale durante la mia gioventù, ho iniziato a correre più regolarmente intorno ai trent'anni: da casa mia nel sud-est di Londra dovevo raggiungere vari uffici dentro e fuori città a causa del mio lavoro nell’Edilizia Popolare, perciò correndo potevo spostarmi piu facilmente e velocemente. Questo è stato inizialmente un modo pratico in quanto neo-padre per riguadagnare un po’ di forma fisica, evitando anche di spendere troppi soldi su mezzi pubblici come metropolitana e autobus, ma la routine e il beneficio mentale e fisico ottenuto dall’attività fisica ha contribuito ad accendere una nuova passione per la corsa.

Grazie a delle nuove amicizie sono stato introdotto nel mondo del trail e dell'ultra-running e nel 2018 ho corso la mia prima ultra-maratona da 80km lungo il Tamigi, da Oxford a Reading. Da allora ho corso numerose gare di ultra-distanza, tra cui la mia preferita è stata quella da 160 km, e nel 2020 sono entrato a far parte del team Centurion Running Ultra.

Nel 2020 sono diventato membro fondatore dei Black Trail Runners (BTR): si tratta di una comunità e un gruppo di campagna che ha l'obiettivo di aumentare l'inclusione, la partecipazione e la rappresentazione dei runner di minoranze etniche nel trail running e, dopo una conversazione con il co-fondatore Phil Young, è nata l'idea di tentare di correre il Thames Path National Trail da 296 km e di utilizzare il fiume come espediente per esplorare il passato e comprendere che cosa significa far parte della comunità nera inglese. Infine, nel 2021 sono diventato ambasciatore del brand Patagonia Europa.

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Credito fotografico: Matt Kay

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Parliamo ancora del tuo tempo migliore sul fiume Tamigi di Londra. Puoi raccontarci qualcosa di più sul percorso e su come hai trovato la sfida?

Il Thames Path National Trail è un percorso di 296 km che va dalla barriera del Tamigi a Woolwich nel Sud-Est di Londra (a pochi passi da casa mia) fino a Thames Head nelle Cotswolds Hills, dove si trova la sorgente del fiume stesso. Questo percorso attraversa diverse contee rurali, percorrendo splendidi prati acquatici pieni di fauna selvatica, molte città storiche e villaggi pittoreschi, passando anche attraverso il centro di Londra.

Non ritengo il mio sforzo fisico come un risultato particolarmente unico ed eccezionale visto che corro da molto tempo e ormai percorrere questo tipo di distanze sta diventando sempre più comune. Tuttavia, sono orgoglioso di essere riuscito a terminare il percorso nonostante le sfide che si sono presentate durante i due giorni della gara e spero di aver ispirato altre persone ad affrontare le loro sfide, facendo luce sull’importante tema della diversità e dell’inclusione nelle attività outdoor.

La sfida fisica si è rivelata molto più difficile di quanto mi aspettassi. Al di là del semplice fatto che è un percorso molto lungo, più di quanto avessi mai tentato di correre prima d'ora, per la prima volta da quando ho iniziato a correre ultra-distanze ho dovuto affrontare la sensazione di crollo fisico durante la corsa: dolori al ginocchio e ai polpacci, insieme a qualche inondazione non stagionale lungo il percorso tra Oxford e Thames Head, hanno reso gli ultimi 80 km particolarmente difficili da portare a termine, sia fisicamente che mentalmente. A causa di questi due fattori non sono riuscito a terminare nel tempo desiderato in quanto avevo sperato di correre più velocemente, e per questo motivo il pub alla quale dovevamo fermarci a percorso concluso non accettava più ordini a causa dell'ora tarda e non ho potuto pagare da bere per tutti! In ogni caso, è stato incredibile il supporto che ho ricevuto sia durante l'allenamento che durante il giorno della corsa da familiari, amici, membri della comunità BTR e la comunità di ultra-running in generale. Non dimenticherò mai quando gli altri runner hanno saputo della sfida che avrei dovuto percorrere e si sono presentati sul posto per offrirmi il loro supporto o per correre alcuni tratti insieme a me. È stato speciale quando Herbie, Ned e Anya si sono presentati sul percorso fiancheggiandomi fino alla fine. Ho anche ricevuto un gran numero di messaggi da parte di persone che si sono sentiti ispirati dopo la mia corsa, e questo è stato uno dei momenti migliori di questa esperienza.

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Credito fotgrafico: Holly-Marie Cato

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L'hai descritto come un Viaggio della Scoperta. Cosa hai imparato su di te e sul percorso?

Crescendo a Londra pensavo di conoscere molto bene il Tamigi e il suo percorso: ho lavorato in molti luoghi lungo il fiume e mi ha accompagnato spesso durante i miei spostamenti quotidiani, ho corso lungo vari tratti e trascorso molto tempo libero e lungo il fiume sia durante la mia infanzia che ora come genitore insieme ai miei figli. Quando abbiamo iniziato a parlare di documentare la corsa, ci siamo concentrati su come il percorso del Tamigi dal centro città alle zone rurali simboleggiasse il viaggio che speravamo di incoraggiare gli altri a intraprendere, perciò abbiamo ingaggiato Matt Kay come regista e abbiamo iniziato a guardare più da vicino al passato del fiume stesso e in particolare la storia della comunità nera. Ho capito immediatamente che conoscevo solo la storia che altri mi avevano propinato, con questa immagine da cartolina del Tamigi, e che non è soltanto un elemento geografico, ma è anche portatore di un profondo significato riguardo il tema del viaggio e della storia. Ho acquisito una conoscenza e una comprensione più approfondite del ruolo svolto dal fiume nel commercio degli schiavi, nell'arrivo della Windrush Generation (persone provenienti dai paesi caraibici che hanno immigrato in Inghilterra tra il 1948 e 1971) invitata da tutto l'impero britannico a colmare le carenze di manodopera del dopoguerra (in particolare nell'appena fondato NHS, il servizio sanitario nazionale inglese), e più recentemente nell'armamento della razza in politica durante gli anni '80: questo ha contribuito a contestualizzare l'esperienza di essere neri in Gran Bretagna nel secolo scorso e ha iniziato a fornirmi possibili risposte ad alcune delle domande che mi sono trovato a chiedere in giro perché poca gente afrodiscendente nel Regno Unito si sentiva a proprio agio all'aperto e questo è uno dei motivi per cui sono poche persone afrodiscendenti che si dedicano al trail o ultra running o ad altre attività all'aria aperta. Edifici e monumenti che avevo passato centinaia di volte, ignaro del loro significato per la storia della comunità nera in Gran Bretagna, come l'Ivory House al St. Katherines Dock, l'Obelisco al Naval College di Greenwich, la Tate, la Torre di Londra e la County Hall ora risaltano e hanno alterato il modo in cui vivo e percepisco il Tamigi.

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Credito fotografico: Matt Kay

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Sei un membro attivo della Black Trail Runners Community. Potrebbe spiegarci qual è la missione e gli obiettivi del gruppo?

La Black Trail Runners (BTR)Black Trail Runners (BTR) è una comunità, un gruppo di campagna e ora anche un ente di beneficenza registrato che cerca di aumentare l'inclusione, la partecipazione e la rappresentanza delle persone black nel trail running. La comunità offre uno spazio sicuro per le persone afrodiscendenti che forse in precedenza hanno sentito di non appartenere ai sentieri per permettergli di sperimentare il trail running, e permette a chi è già trail runner di condividere i sentieri con persone simili a loro. Accessibilità, rappresentazione ed abilità sono in nucleo che reggono la BTR: per raggiungere questi obiettivi, abbiamo organizzato giornate di prova in collaborazione con organizzatori e comunità esistenti come Centurion Running, Camino UltraCamino Ultra e Ultra X che gestiscono workshop per condividere competenze e conoscenze su piani di allenamento, nutrizione, attrezzatura ed esplorazione, includendo anche corse di gruppo. Lavoriamo con i brand, gli organizzatori di eventi e l'industria delle attività outdoor per garantire che le persone afrodiscendenti siano meglio rappresentate nella formazione di eventi, all'interno delle organizzazioni, attraverso le piattaforme social e all'interno del marketing dell’outdoor. Durante la prima campagna di BTR abbiamo scritto una lettera aperta ai direttori di gara chiedendogli di iniziare a registrare e riferire sui dati etnici dei partecipanti in modo da poter valutare meglio il problema della partecipazione e tracciare eventuali progressi.

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Hai mai avuto problemi con i pregiudizi nel Trail Running?

Fortunatamente non ho mai sperimentato alcun pregiudizio diretto nel Trail Running, ma sono sempre cauto contro qualsiasi tipo di pregiudizio esistente. Conosco molti runner black che hanno sperimentato pregiudizi diretti nel trail running e la mia esperienza come runner uomo di etnia mista, più vicina al bianco essendo stato cresciuto da mia madre bianca in una zona prevalentemente bianca, sarebbe molto diversa da quella di una donna runner con la pelle più scura della mia. Ciò che ho sperimentato più e più volte è stato vedere che spesso venivo indicato come l'unico runner afrodiscendente della gara o dell'evento, o scorrere un sito web di eventi sportivi vedere una grande quantità di foto di runner bianchi. Sono addirittura capitato in forum online in cui si discuteva della presenza di una barriera nel trail running che separa le persone appartenenti a minoranze etniche. Ho ricevuto commenti diretti come "pensa solo a correre" e ho parlato a lungo con amici e alleati bianchi che hanno assistito in prima persona a conversazioni tra runner e persino organizzatori di eventi che respingono l'idea che esistano barriere negli sport outdoor.

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Credito fotografico: Phil Young

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Trail Running e altri sport all'aria aperta devono diventare più inclusivi e accessibili a tutti. Pensi che stia finalmente cominciando a succedere?

Qui nel Regno Unito molti spazi rurali sono visti come "spazi per i bianchi", luoghi della classe media: il censimento del 2011 ha dichiarato che oltre il 97% della comunità nera, asiatica o altre minoranze etniche vivono in aree urbane. La storia ha creato disuguaglianze e barriere che si combinano per impedire a molte persone di afrodiscendenti di stringere relazioni con l'aria aperta o addirittura di scoprirla, infatti molti credono di non appartenere alla vita outdoor. Sebbene ci siano dati etnici limitati sugli eventi trail, l’esperienza condivisa da me e di altri runner di essere le unica persona afrodiscendente a una gara o un evento sportivo dimostra ampiamente l’esistenza di queste barriere che comportano disuguaglianze. Per quanto ci siano molti dibattiti e discussioni su questo argomento, ritengo che sia necessario fare di più a livello pratico in quanto questi problemi esistono in altri sport outdoor non solo nel trail running: "The Outsiders Project" è una piattaforma indipendente che promuove l'inclusione e la diversità all'interno della cultura e della comunità delle attività outdoor e grazie al loro lavoro sono riuscito a dare una visione generale delle disuguaglianze in questi sport, esponendo i modi con cui i vari brand e la comunità outdoor potrebbero abbattere definitivamente queste differenze. Per chi volesse saperne di più, consiglio vivamente di leggere il loro rapporto "Beyond Representation: Il futuro della diversità e dell'inclusione negli sport outdoor” (in inglese).

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Come pensi che possiamo incoraggiare e creare più inclusione all'interno dello sport?

Penso che per diventare una comunità outdoor inclusiva e accogliente dobbiamo prima riconoscere i problemi che stanno alla radice, iniziando a "disabituarci" a quelle regole che influenzano il modo in cui percepiamo l'outdoor e soprattutto chi può accedere a queste attività, per questo motivo dobbiamo imparare ad ascoltare le esperienze e i punti di vista delle comunità emarginate e poco rappresentate. Solo in questo modo possiamo iniziare ad affrontare lo squilibrio nella rappresentazione delle minoranze entiche in tutto il settore outdoor, non solo a livello di partecipanti ma anche a livello di organizzazione: gruppi come la BTR ripetono spesso "non puoi essere ciò che non puoi vedere" e questo perché è necessario avere più runner afrodiscendenti come modelli da prendere come esempio per poter abbattere queste disuguaglianze. Tra le molte altre cose, i brand e gli organizzatori esistenti dovrebbero fornire spazio e tempo alle nuove comunità che desiderano accedere agli sport outdoor, incoraggiandole e supportandole, così da permettergli di acquisire le competenze e le conoscenze necessarie per rendere le loro esperienze il più possibile sicure e piacevoli, il che è fondamentale per assicurare che si impegnino a lungo e costantemente.

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Credito fotografico: Holly-Marie Cato

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Oltre alla mancanza di diversità nel Trail Running, ci sono altre questioni che devono essere affrontate come la sostenibilità e le preoccupazioni ambientali. Come Ambasciatore di Patagonia sei interessato ad essere più impegnato dal punto di vista ambientale?

Assolutamente, la realtà della crisi climatica non sono è mai stata così chiare come lo sono ora. Proprio qui in Europa, alle nostre porte, stiamo vedendo e sentendo gli effetti sconvolgenti dei cambiamenti climatici provocati dall'uomo, le grandi inondazioni, gli incendi, le condizioni meteorologiche estreme e i cambiamenti negli ambienti di montagna e in altri spazi che noi come trail runner e appassionati di outdoor in generale occupiamo sono aumentati negli ultimi anni. Ciò sta causando danni e gravi perturbazioni nella natura e sta influenzando la vita di molti in tutto il mondo. Le ultime relazioni dell'IPCC, il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, affermano senza mezzi termini che le conseguenze della mancata soluzione di questi problemi saranno devastanti e che la necessità di un'azione immediata non è mai stata così urgente. Dopo tutte queste informazioni diventa impossibile non diventare più impegnati dal punto di vista ambientale. Devo aggiungere che ritengo che l'aumento della diversità nell'outdoor e l'incoraggiamento di nuove comunità in questi spazi abbiano un ruolo importante da svolgere nell'affrontare anche queste problematiche, poiché maggiore è il numero di comunità con cui ci impegniamo, ci colleghiamo e investiamo negli sport all'aria aperta, più diventa facile aumentare la consapevolezza e far sì che nuove comunità si prendano cura del pianeta.

La sostenibilità, la conservazione e il ripristino dell'ambiente naturale sono al centro dell'obiettivo di Patagonia, e la mia comprensione di questi problemi, di quali azioni noi come individui, come comunità, come imprese possiamo intraprendere per affrontarli è aumentata drasticamente da quando sono diventato ambasciatore. Può essere scoraggiante all’inizio e spesso è anche difficile capire da dove iniziare, perciò consiglio spesso alle persone di consultare Patagonia Action Works (in inglese): si tratta di un ottimo modo per essere coinvolti in questioni ambientali e connettersi con gruppi che lavorano nelle comunità locali.

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Credito forografico: Phil Young

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Quali gare hai in programma?

Come tanti runner sono entusiasta di ritornare a correre dopo gli ultimi due anni e ho un paio di gare e avventure in programma: correrò nelle Highlands, nelle Black Mountains e nei South Downs nei prossimi mesi e spero anche di partecipare allo Spartathlon a settembre, una delle corsa su ultra-distanza più impegnative del mondo, ma non vedo l'ora che arrivi la Running Up for Air (RUFA) a fine di giugno: si tratta di una sfida di resistenza che prevede una corsa su e giù per una montagna o una collina per 3, 6, 12 o 24 ore, il tutto al fine di aumentare la consapevolezza sull'inquinamento ambientale. Questo è un problema che mi sta molto a cuore essendo padre e vivendo a Londra, una delle città più inquinate d’Europa.

E infine, quali suggerimenti daresti alle persone che stanno pensando di intraprendere il trail running?

Consiglio di iniziare a poco a poco e in zone locali. Penso che a volte noi come comunità di trail running siamo colpevoli di dare sempre l’impressione che se non si corre per 160 km attraverso il Grand Canyone, intorno al Monte Bianco o simili, allora non si sta davvero correndo. Cerca boschi o sentieri della zona, lascia l'orologio a casa e vai a goderti la natura. Se ti consideri più un social runner, ci sono un sacco di gruppi di running specifici come BTR che organizzano corse di gruppo social e offrono consigli su posti in cui correre, sulla logistica, sul kit e tutto ciò che è necessario per dedicarti al trail running, quindi vale sempre la pena cercare gruppi locali.

Puoi seguire MJ e tutte le sue avventure qui.

Scopri di più sulla corsa su sentieri visitando il nostro Angolo del Trail e assicurati di avere il kit da trail di cui hai bisogno per la tua prossima avventura.

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